Glossa Editrice
copertina 9788871054056

Massimo Epis (ed.)

L'uomo alla prova del male. Ottimismi moderni e interrogazione credente

Recensioni

  • Recensione di Paolo Cattorini

    05 gennaio 2019

    In che senso il male mette l’uomo alla prova? Nel senso che la sofferenza del giusto sottopone a un urto inspiegabile la spontanea fiducia nella vita? Oppure nel senso che, proprio grazie allo scacco, le virtù morali vengono potenziate e l’esperienza religiosa viene sollecitata a credere in Dio «per nulla», cioè senza un plausibile vantaggio materiale? Ma, dopo Auschwitz, è ancora possibile utilizzare una categoria come quella di «prova», e addirittura confermare la fiducia in un Dio buono e onnipotente, il quale tollera inspiegabilmente la strazio di tanti esseri innocenti?

    In questo volume diversi studiosi offrono le loro congetture attuali in merito a perenni questioni tradizionalmente oggetto della teodicea, dell’indagine cioè sulla giustizia di un Dio provvidente a fronte dell’irruzione indubitabile del male nel mondo.

    Già dall’Introduzione di Massimo Epis, preside della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, sede di Milano, si evincono alcune cifre ricorrenti. La prima è la contestazione delle soluzioni banalmente rassicuranti, diversive e consolatorie, che rimuovono lo scandalo del male in nome di una giustificazione teorica che potrebbe riassorbire e superare le dissonanze, oppure dichiarando inutile o dannosa l’esperienza dell’angoscia, in vista di un futuro liberato che il sapere umano – soprattutto la razionalità illuministica e le sue applicazioni nella pratica scientifica e tecnologica – provvederà presto a costruire.

    Gli interventi dei filosofi Pagano, Esposito e Bosco delineano il dibattito storico, che è stato svolto in merito alle lezioni di Agostino e di Kant e ai più recenti contributi di Ricœur e di Pareyson. In particolare, la teoria kantiana del male radicale e la corrosiva voce di Nietzsche sottolineano la realtà inaggirabile del negativo e invitano a diffidare dell’ottimismo ingenuamente individualistico, che prospera nel neoliberismo globalizzato. Il male precede la libertà e la tenta – si pensi alla figura del serpente nel mito adamitico – e nel contempo si annida in noi come quella indecifrabile tendenza cattiva, il cedimento alla quale può esserci legittimamente imputato.

    La seconda tematica è quella che lega il male alla colpa, non in senso retribuzionistico (cioè nel senso che il dolore sia inflitto come pena ed espiazione proporzionale ai vizi o ai delitti commessi), bensì nel senso che l’angoscia, sperimentata dallo stesso Figlio dell’uomo, come si legge in Lc 22,44, ridesta nel sofferente un acuto senso di responsabilità cosmica, che si declina in indignazione verso ciò che deturpa l’umano, in protesta verso la cecità morale del potere, in delicato ascolto e coraggiosa cura nei confronti delle voci ferite (documentate nel volume dallo psichiatra Borgna), in rinnovata invocazione del Dio che viene secondo la sua promessa. Un’invocazione per nulla infantile e superstiziosa, ma carica di un potenziale esplorativo. Il male non sta «prima e fuori» dell’uomo come una brutta cosa – un evento «naturale», legato alla finitezza del creato – che andrebbe semplicemente subìta, ma implica una reazione personale, in cui ne va di noi, degli altri, dell’origine e del fine dell’esistenza.

    Infine, menzioniamo due spunti teologici. Sergio Ubbiali analizza i fraintendimenti relativi alla nozione di peccato originale. Confessare la propria lontananza da Dio è la condizione per riconoscere l’estraneità originaria del male rispetto alla promessa di un futuro liberato: «L’originale condotta del credente anticipa nel tempo la finale condanna divina sul male» (p. 134).

    Philippe Nemo riprende la propria interpretazione del libro di Giobbe, leggendo l’eccesso del male quale «teofania», quale «tocco» di Dio che ribalta le antiche attese di salvezza. L’Ineffabile mostra a Giobbe che anch’egli ha orrore del male e che non solo è vicino alla protesta dell’innocente, ma è la radice, la risorsa e la destinazione del desiderio umano di opporsi all’assurdo. La morale dell’amore impone di lottare tenacemente contro il negativo, anche al di là delle nostre precarie fatiche. Nel tempo della sofferenza, Dio ci cerca, «vuole che le nostre intenzioni si accordino con Lui. Vuole che ci disponiamo al suo fianco» (p. 61) per salvare il mondo.

    fonte da:https://www.laciviltacattolica.it/recensione/luomo-alla-prova-del-male/