Glossa Editrice
Prete e il suo ministero copertina

Associazione Teologica Italiana (ed.)

Il prete: il suo ministero, le sue relazioni

Recensioni

  • Recensione di Fabrizio Casazza

    05 aprile 2024

    Nel gennaio del 2020 si tenne a Roma il XXX corso d’aggiornamento per docenti di teologia dogmatica, promosso dall’Associazione Teologica Italiana. Ora l’editrice Glossa mette a disposizione gli atti di quel convegno, con un titolo che ne chiarisce immediatamente il tema e la prospettiva: Il prete. Il suo ministero, le sue relazioni (pp 310, euro 32). Il sottotitolo manifesta l’adesione all’impostazione offerta dal concilio Vaticano II (1962-1965): la vita del presbitero va compresa a partire non tanto dalla posizione che occupa ma dal suo ministero, come chiarisce articolatamente nel suo contributo il teologo Gilles Routhier, recentemente nominato dal Papa Consultore della Segreteria Generale del Sinodo. Quindi formazione, spiritualità e compiti dei preti vanno affrontati proprio alla luce del loro ministero. Un altro riferimento importante è che «è il vescovo la chiave di lettura per comporre la complessità degli elementi che entrano nel sacramento dell’ordine» (p. 78), come spiega don Dario Vitali, Ordinario presso la Pontifi cia Università Gregoriana di Roma e consultore dei dicasteri per la dottrina della fede, per il culto divino, per il clero e della Segretaria del Sinodo. Anche secondo don Giovanni Frausini, docente dell’Istituto Teologico Marchigiano, è la fi gura del vescovo, in altre parole, l’archetipo del ministero ordinato, in quanto secondo la costituzione conciliare Lumen gentium egli ha ricevuto la pienezza del sacramento dell’ordine. Monsignor Roberto Repole, pastore delle Chiese di Torino e di Susa e vice presidente della Conferenza Episcopale Piemontese, peraltro critica questa espressione in quanto induce alla “logica della matrioska”, quasi che il vertice contenesse anche gli altri gradi. Invece il vescovo «è il principio di unità in una Chiesa in quanto anzitutto principio di unità in un presbiterio di cui fa parte come la sua testa» (p. 130). Serena Noceti introduce il terzo elemento del sacramento dell’ordine, il diaconato. La conclusione è che, nonostante i tanti decenni passati dal ripristino della fi gura del diacono come grado permanente del ministero, «rimangono molti problemi insoluti o parzialmente affrontati, tanto sul piano della prassi ecclesiale che della rifl essione teologica» (p. 172). Il liturgista Luigi Girardi nota che oggi colui che presiede «deve essere in grado non solo di celebrare per sé, ma di introdurre e guidare altri nel celebrare. Non è più suffi ciente la sua devozione personale: occorre che sia in grado di custodire il rito come realizzazione della fede della Chiesa, avendo cura nel contempo che ciò sia possibile e accessibile ad ogni fedele che prende parte al rito» (p. 181). Se monsignor Maurizio Tagliaferri, relatore del dicastero vaticano delle cause dei santi, rimarca che attualmente l’aspetto ritenuto preminente nella formazione sacerdotale è la «dimensione umana intesa come maturità psicologica» (p. 290), l’arcivescovo Erio Castellucci, metropolita di Modena-Nonantola e vice presidente della Conferenza Episcopale Italiana, vede una situazione di crisi diffusa che, se rispetto a decenni passati non è più visibile come una nave con le sirene che fischiano, si presenta come un sommergibile, ma non è per questo meno tangibile nei suoi effetti. Perciò egli propone una riforma dei seminari che preveda, dopo un biennio in una struttura tradizionale, un triennio in piccole comunità presso alcune parrocchie e un sesto anno da trascorrere nella famiglia di un diacono permanente. La diversità delle competenze dei relatori del convegno, delle sensibilità e delle accentuazioni mostra la vivacità teologica e pastorale sul tema della vita dei presbiteri. Ciò che appare comunque ineludibile è un ripensamento di certi modelli che non reggono più di fronte sia al drastico calo numerico dell’organico a disposizione sia alla fi ne del regime di cristianità. È veramente ora di attuare nella pastorale quella creatività che papa Francesco spesso sollecita.

    Fonte da: La Voce n.13-4 aprile 2024